mercoledì 27 marzo 2013

La danza di Vento e Neve


“Nonna chiudi la finestra. La bufera mi fa paura”.
Tim si stringeva nella coperta e osservava l’ardente scoppiettare del fuoco, ma nulla riusciva a distoglierlo dalla sensazione di gelo che gli attanagliava le ossa.
Il vento soffiava senza sosta, facendo tremare i vetri e assopire i restanti suoni della notte. La neve invece vorticava lesta e misteriosa in quel turbine d’inverno, costruendo eleganti balletti alla luce della luna.
“Perché dovrebbe fare paura mio caro?” chiese a Tim la nonna, socchiudendo leggermente gli occhi come quando sentiva per la prima volta qualche parola straniera.
“Perché è cattiva” rispose prontamente il bambino, raggomitolato sempre più in un fittizio rifugio di lana.
“Cattiva? Assolutamente no. Tu non devi avere paura della bufera…sono Vento e Neve che danzano insieme per essersi ritrovati”. 
Gli sorrise e volse lo sguardo al paesaggio della valle, dipinto con gesti veloci e infinitamente candidi.
“Sai… Quand'ero piccola, avevo circa la tua età, anche io avevo paura della bufera. Quando arrivava ululava così forte che non riuscivi neanche più a sentire i tuoi pensieri, ti faceva temere il buio e sembrava portare via ogni fiamma dal camino…” si voltò di nuovo verso Tim, lo guardò dolcemente e senza aspettare un gemito proseguì…
“Mio padre quando arrivava la tempesta si sedeva ai piedi del letto e mi raccontava una storia…sulla danza del Vento e della Neve… La vuoi sentire Tim?”



La vide per la prima volta tanto, tanto, tanto tempo fa.
Era la notte di Natale e nell’aria si sentiva solo l’odore dello zucchero caramellato e dei biscotti alla cannella. Tutti erano chiusi in casa a festeggiare e scambiarsi abbracci e leggende.
Il villaggio era deserto, nessuno s’avventurava al freddo arrabbiato che stritola e punge, nessuno voleva assaggiare il ghiaccio dei prati e delle strade.
Vento si ritrovò il villaggio lungo la sua strada. Si aggirava tra i vicoli e le vie come un pellegrino stanco in cerca di una stanza comoda per riposare, ma non gli era permesso fermarsi neanche un momento, il suo cammino era un cammino che non si sarebbe fermato mai.
Toccava i tetti, accarezzava gli alberi, smuoveva i cardini dei vecchi cancelli, s’impadroniva della quiete e del silenzio. Correva per poi rallentare, strisciava basso per poi di colpo rialzarsi con una piroetta, si divideva tra piccoli viali per riunirsi al centro della piazza.

Arrivato alla piazza la vide.

Bianca come la luce di tutte le stelle, bella e pericolosa come una creatura notturna, dolcissima come un fiore che non dovrebbe sfiorire mai.
Neve ballava al centro della piccola piazza, agitando la chioma leggera, scoprendo ad ogni movimenti un lembo di pelle candida, sfiorando appena il suolo.
Ballava e un milione di piccoli fiocchi scendevano, dapprima lenti e morbidi e poi sempre più veloci.
I fiocchi scendevano al ritmo della danza da Neve compiuta, sottolineando un fianco, una mano che si alza, uno sguardo che rapisce. Ella scopriva le esili gambe impegnate a danzare e l’inverno ubbidiente le lasciava libera la scena. Si faceva da parte, permetteva fosse lei a dipingere con nuovi colori il villaggio di montagna.
Vento osservava la scena da lontano, immobile, silenzioso, rapito.

Si avvicinò senza fare rumore, raccolse tutto il coraggio che possedeva e la raggiunse.
Le afferrò la mano. Con forza, con decisione, con la fermezza di cui è capace un uomo innamorato d’innanzi alla sua speranza di amore in eterno.
Si guardarono negli occhi e ricominciarono a danzare.
Lui la sollevava, la stringeva, la lasciava allontanarsi per il tempo di una giravolta e al volo la raggiungeva ancora una volta. All’inizio Vento e Neve si studiavano, cercando di conoscere la vicinanza dei loro corpi freddi e luminosi, con eleganza e delicatezza. Lei lo guardava e se lo portava via nel giro di un sorriso, lui soffiava forte per sapere di essere ancora vivo tra le sue braccia.
La danza continuava, i fiocchi scendevano dal cielo nero sempre più velocemente, il villaggio perdeva i contorni dei tetti e degli alberi, tutto si era fermato a guardare Neve e Vento che si univano sempre più in un'unica bufera perfetta.
Continuarono tutta la notte. La musica dell’inverno accompagnava i passi, i sorrisi, la loro unione fatta di candore e magia.
La notte scorreva tra le luci del Natale e il soffio dei due amanti dipinti di brina.

Ma arrivò il giorno.
Ed ella scomparve.

Vento vagò disperato tra le vie, le case lasciate aperte e i comignoli fumosi del villaggio.
Di lei rimaneva la traccia soffice di milioni di piccoli cristalli ammassati l’uno sull'altro. 
Non ritrovava da nessuna parte quel sorriso, quello sguardo, quei capelli da sfiorare e quel viso da desiderare.
Neve era sparita. Al suo posto raggiunse Vento l’odioso battere dei raggi del sole, che scioglievano, portavano via anche il ricordo di lei.
Vento si scatenò infuriato contro i vetri delle finestre decorate, spinse a terra innocenti viandanti, batté i pugni contro il massiccio portone della chiesa. Neve non c’era più. Nell'aria non sentiva più il suo profumo, la sua traccia andava svanendo nel gocciolare fastidioso delle grondaie.
Vento se ne andò dal villaggio e non fece più ritorno per tanto altro tempo ancora...

Arrivò un altro Natale.

Vento incontrò ancora il villaggio lungo la sua strada…E una fanciulla dalla pelle candida che ballava al chiaro della luna…E prendendo coraggio, si avvicinò per chiederle di danzare ancora una volta.

"Nonna apri le tende che sennò mi perdo lo spettacolo..."

...Passi di Neve...

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