martedì 12 marzo 2013

Annalisa si è ammalata.



Annalisa non riusciva a dormire.
La finestra era aperta ed entrava nella stanza una lieve brezza che pareva assopire ogni rumore della strada e della notte. Lei si girava e rigirava nel letto, cercando di convincersi a dormire, consapevole del fatto che mamma sarebbe entrata per svegliarla dopo soltanto poche ore. Le bambole la guardavano spente dalla mensola bianca della scrivania, i vestiti sgualciti sulla sedia pendevano inermi come uniformi che avevano perso la guerra, il gattino bianco Cesare dormiva beatamente ai piedi del letto ignorando completamente l’insonnia della padroncina.
Annalisa non dormiva e respirava. Respirava e si domandava cosa stesse succedendo. Non le era mai capitato di sentirsi così. Aveva sonno ma non riusciva a dormire, non aveva fame ma le faceva male la pancia, non aveva corso ma le batteva il cuore forte forte, non aveva la febbre ma si sentiva avvampare come fosse avvolta da mille coperte.
“Ecco” pensò la bambina, “Sono malata”.
“Dev’essere proprio come nel telefilm che guarda mamma. Ci sono delle persone che stanno male e nessuno sa che cosa abbiano. Poi arriva il medico più bravo di tutti e capisce cosa succede. Devo trovare un dottore così sennò sono spacciata”.
Rifugiatasi nella convinzione errata di avere qualcosa che non andasse, Annalisa si agitò ancora di più credendo di necessitare di immediate cure… poi si ricordò quanto si arrabbiava papà quando veniva svegliato nel cuore della notte e decise che era meglio aspettare la morte che la sua collera.

“Cuore che cos’hai? Smettila di battere così veloce, mi sembri un cavallo impazzito…”
“Io non posso andare più piano Annalisa, sei tu che vuoi che io corra così…”
“Stomaco ma che hai oggi? Ho mangiato solo metà pizza e tu sei ancora lì che ti lamenti, tutto attorcigliato e antipatico…”
“Mia cara Annalisa, oggi non è solo la pizza che hai mangiato…credo che qui dentro ci siano anche un
milione di farfalle…”
“Polmoni la smettete? Datevi una calmata! Mi state facendo fare respiri giganteschi!”
“Annalisa, Annalisa…ma tu sai quanta aria serva per poter sospirare una notte intera?”
“E poi tu…cervello! Sei sempre così preciso e attento, ordinato come la mia bella libreria…cos’è tutta questa confusione oggi?”
“Annalisa quante storie! A volte succede che non si capisca più cosa frulla nella testa…”

Annalisa proprio non capiva. Qualcosa non le tornava.
Quella mattina stava bene, si era alzata di buonumore ed era scesa a fare colazione come sempre, rubando l’ultimo biscotto a papà e prendendo di nascosto un cioccolatino in più dalla credenza prima di uscire.
Era arrivata alla fermata del pullmino della scuola e aveva aspettato, commentando insieme alle sue amiche la nuova giacca che elegantemente indossava per la prima volta.
Ecco! Ora ricordava quand’era successo! Quando si era ammalata! Era successo quando aveva inciampato sul gradino dello scuolabus ed era finita dritta dritta sui piedi di Matteo, rischiando per un pelo di rompersi qualche dente e una buona fetta d’orgoglio.
Matteo era in quinta, lei solo in terza, per cui rimase piacevolmente colpita quando lui la guardò e le allungò la mano per aiutarla a rialzarsi. Probabilmente le aveva attaccato qualche malattia proprio in quel preciso istante, perché appena la toccò lei cominciò subito ad avvertire i primi sintomi. Prese a sudare, divenne paonazza e le parve che la testa cominciasse a girare più in fretta di una giostra.
“Hai capito quel bambino gentile! Se ne stava lì tutto bello sorridente quando in realtà mi stava facendo ammalare!”. Annalisa strinse forte a sé la bambola Rebecca, più per nascondere un sentimento che per rabbia. “Se solo lo avessi saputo mi sarei rialzata da sola!”.
Più Annalisa ripensava all’accaduto più i sintomi crescevano d’intensità.
Ogni volta che ripensava alla voce di Matteo il cuore correva i cento metri, per ogni suo dito che l’aveva presa per mano i polmoni si gonfiavano nel petto come un palloncino, quando le tornava in mente il suo sorriso buono e premuroso lo stomaco faceva una piroetta per poi tremare tutto manco ci fosse un terremoto.
“Che strana malattia! Chissà come si cura…”. Annalisa abbracciò Rebecca e come una condannata a morte, si addormentò.

Venne mattina.
La mamma entrò piano nella stanza, sorridente e avvolta nel solito profumo che autografava ogni suo vestito.
“Buongiorno Amore, è ora di svegliarsi e darsi una bella stiracchiata!”. Si chinò sulla bambina e le schioccò un rumoroso bacio sulla fronte.
“Oggi niente scuola mamma, sono malata”
“Come sarebbe a dire che sei malata?! Non mi pare tu abbia nulla!”. Mise una mano sulla fronte della figlia per constatare una presunta che febbre, che ovviamente non c’era.
“Sto malissimo mamma. Ho il cuore che mi batte velocissimo, faccio dei sospironi, mi gira un po’ la testa e lo stomaco si stringe e si chiude in continuazione! Ho anche un sacco caldo!”. Annalisa si tirò a sedere sul letto e guardò la madre come un cagnolino guarda il padrone caricare la macchina prima delle vacanze estive che lo porteranno lontano.
“Dev’essere proprio una cosa seria! Da quand’è che stai così male?” chiese la mamma.
“Da ieri, da quando Matteo mi ha preso per mano. Ero caduta sullo scuolabus e lui mi ha aiutato ad alzarmi. Appena l’ho toccato mi sono ammalata!”
“Ora capisco… Ah ma io lo so che malattia è…” la mamma di Annalisa le accarezzava la testa e sorrideva, rimpiangendo di non poter assaporare mai più la prima volta in cui ci si ammala così.
“Mamma è tanto grave? Morirò? Mi porterete da un dottore?” la bambina saltellava impercettibilmente sul letto attendendo di sapere la sua sorte.
“Oh si Annalisa, è una malattia gravissima. È una malattia per cui non c’è nessuna cura…”
“Nessuna cura! Nessuna cura! E me lo dici così!? Mamma morirò! Dovreste denunciare Matteo!”
“No Tesoro, non lo denunceremo, anzi… ti posso assicurare che Matteo ti ha attaccato la malattia più bella che ci sia…”

Annalisa si vestì e controvoglia andò insieme alle amiche verso la fermata del pullmino.
Attesa.
Porte che si spalancano.
Matteo che la saluta.
Sintomi che compaiono all’improvviso come un uragano.
Intanto la sua amica Elena le passa accanto, desiderosa di sistemarsi vicino a Federico, il bambino con i capelli rossi di 4C. Annalisa la vede, capisce, la blocca.
“Perché oggi vai a sederti vicino a Federico?”
“Perché ieri al parco mi ha sorriso…” risponde Elena diventando rossa come un peperone.
“Ecco, brava, ti sei fatta contagiare. Ti sei ammalata pure tu. Ma insomma te lo devo dire io che a questa malattia non c’è cura?” Annalisa stringe le piccole braccia intorno al petto per tentare di rallentare il cuore.
Elena la guarda, riguarda Federico.

“Beh, se è così… Vorrei ammalarmi più spesso”.

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