Annalisa non riusciva a dormire.
La finestra era aperta ed entrava
nella stanza una lieve brezza che pareva assopire ogni rumore della strada e
della notte. Lei si girava e rigirava nel letto, cercando di convincersi a
dormire, consapevole del fatto che mamma sarebbe entrata per svegliarla dopo
soltanto poche ore. Le bambole la guardavano spente dalla mensola bianca della
scrivania, i vestiti sgualciti sulla sedia pendevano inermi come uniformi che
avevano perso la guerra, il gattino bianco Cesare dormiva beatamente ai piedi
del letto ignorando completamente l’insonnia della padroncina.
Annalisa non dormiva e respirava.
Respirava e si domandava cosa stesse succedendo. Non le era mai capitato di
sentirsi così. Aveva sonno ma non riusciva a dormire, non aveva fame ma le
faceva male la pancia, non aveva corso ma le batteva il cuore forte forte, non
aveva la febbre ma si sentiva avvampare come fosse avvolta da mille coperte.
“Dev’essere proprio come nel
telefilm che guarda mamma. Ci sono delle persone che stanno male e nessuno sa
che cosa abbiano. Poi arriva il medico più bravo di tutti e capisce cosa
succede. Devo trovare un dottore così sennò sono spacciata”.
Rifugiatasi nella convinzione
errata di avere qualcosa che non andasse, Annalisa si agitò ancora di più
credendo di necessitare di immediate cure… poi si ricordò quanto si arrabbiava
papà quando veniva svegliato nel cuore della notte e decise che era meglio
aspettare la morte che la sua collera.
“Cuore che cos’hai? Smettila di
battere così veloce, mi sembri un cavallo impazzito…”
“Io non posso andare più piano
Annalisa, sei tu che vuoi che io corra così…”
“Stomaco ma che hai oggi? Ho
mangiato solo metà pizza e tu sei ancora lì che ti lamenti, tutto attorcigliato
e antipatico…”
“Mia cara Annalisa, oggi non è
solo la pizza che hai mangiato…credo che qui dentro ci siano anche un
milione di farfalle…”
“Polmoni la smettete? Datevi una
calmata! Mi state facendo fare respiri giganteschi!”
“Annalisa, Annalisa…ma tu sai
quanta aria serva per poter sospirare una notte intera?”
“E poi tu…cervello! Sei sempre
così preciso e attento, ordinato come la mia bella libreria…cos’è tutta questa
confusione oggi?”
“Annalisa quante storie! A volte
succede che non si capisca più cosa frulla nella testa…”
Annalisa proprio non capiva.
Qualcosa non le tornava.
Quella mattina stava bene, si era
alzata di buonumore ed era scesa a fare colazione come sempre, rubando l’ultimo
biscotto a papà e prendendo di nascosto un cioccolatino in più dalla credenza
prima di uscire.
Era arrivata alla fermata del
pullmino della scuola e aveva aspettato, commentando insieme alle sue amiche la
nuova giacca che elegantemente indossava per la prima volta.
Ecco! Ora ricordava quand’era
successo! Quando si era ammalata! Era successo quando aveva inciampato sul
gradino dello scuolabus ed era finita dritta dritta sui piedi di Matteo,
rischiando per un pelo di rompersi qualche dente e una buona fetta d’orgoglio.
Matteo era in quinta, lei solo in
terza, per cui rimase piacevolmente colpita quando lui la guardò e le allungò
la mano per aiutarla a rialzarsi. Probabilmente le aveva attaccato qualche
malattia proprio in quel preciso istante, perché appena la toccò lei cominciò
subito ad avvertire i primi sintomi. Prese a sudare, divenne paonazza e le
parve che la testa cominciasse a girare più in fretta di una giostra.
“Hai capito quel bambino gentile!
Se ne stava lì tutto bello sorridente quando in realtà mi stava facendo
ammalare!”. Annalisa strinse forte a sé la bambola Rebecca, più per nascondere
un sentimento che per rabbia. “Se solo lo avessi saputo mi sarei rialzata da
sola!”.
Più Annalisa ripensava
all’accaduto più i sintomi crescevano d’intensità.
Ogni volta che ripensava alla
voce di Matteo il cuore correva i cento metri, per ogni suo dito che l’aveva
presa per mano i polmoni si gonfiavano nel petto come un palloncino, quando le
tornava in mente il suo sorriso buono e premuroso lo stomaco faceva una
piroetta per poi tremare tutto manco ci fosse un terremoto.
“Che strana malattia! Chissà come
si cura…”. Annalisa abbracciò Rebecca e come una condannata a morte, si
addormentò.
Venne mattina.
La mamma entrò piano nella
stanza, sorridente e avvolta nel solito profumo che autografava ogni suo
vestito.
“Buongiorno Amore, è ora di
svegliarsi e darsi una bella stiracchiata!”. Si chinò sulla bambina e le
schioccò un rumoroso bacio sulla fronte.
“Oggi niente scuola mamma, sono
malata”
“Come sarebbe a dire che sei malata?!
Non mi pare tu abbia nulla!”. Mise una mano sulla fronte della figlia per
constatare una presunta che febbre, che ovviamente non c’era.
“Sto malissimo mamma. Ho il cuore
che mi batte velocissimo, faccio dei sospironi, mi gira un po’ la testa e lo
stomaco si stringe e si chiude in continuazione! Ho anche un sacco caldo!”.
Annalisa si tirò a sedere sul letto e guardò la madre come un cagnolino guarda
il padrone caricare la macchina prima delle vacanze estive che lo porteranno
lontano.
“Dev’essere proprio una cosa
seria! Da quand’è che stai così male?” chiese la mamma.
“Da ieri, da quando Matteo mi ha
preso per mano. Ero caduta sullo scuolabus e lui mi ha aiutato ad alzarmi.
Appena l’ho toccato mi sono ammalata!”
“Ora capisco… Ah ma io lo so che
malattia è…” la mamma di Annalisa le accarezzava la testa e sorrideva,
rimpiangendo di non poter assaporare mai più la prima volta in cui ci si ammala
così.
“Mamma è tanto grave? Morirò? Mi
porterete da un dottore?” la bambina saltellava impercettibilmente sul letto
attendendo di sapere la sua sorte.
“Oh si Annalisa, è una malattia
gravissima. È una malattia per cui non c’è nessuna cura…”
“Nessuna cura! Nessuna cura! E me
lo dici così!? Mamma morirò! Dovreste denunciare Matteo!”
“No Tesoro, non lo denunceremo,
anzi… ti posso assicurare che Matteo ti ha attaccato la malattia più bella che
ci sia…”
Annalisa si vestì e controvoglia
andò insieme alle amiche verso la fermata del pullmino.
Attesa.
Porte che si spalancano.
Matteo che la saluta.
Sintomi che compaiono
all’improvviso come un uragano.
Intanto la sua amica Elena le
passa accanto, desiderosa di sistemarsi vicino a Federico, il bambino con i
capelli rossi di 4C. Annalisa la vede, capisce, la blocca.
“Perché oggi vai a sederti vicino
a Federico?”
“Perché ieri al parco mi ha
sorriso…” risponde Elena diventando rossa come un peperone.
“Ecco, brava, ti sei fatta
contagiare. Ti sei ammalata pure tu. Ma insomma te lo devo dire io che a questa
malattia non c’è cura?” Annalisa stringe le piccole braccia intorno al petto
per tentare di rallentare il cuore.
Elena la guarda, riguarda Federico.
“Beh, se è così… Vorrei ammalarmi
più spesso”.
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