martedì 19 marzo 2013

L'Ufficio Dei Non (U.D.N)


L’Ufficio Dei Non (U.D.N) si trovava tra l’ospedale e la vecchia ferrovia, subito dopo l’incrocio che portava al centro commerciale. Era una palazzina elegante, tinteggiata di fresco di un pacifico color crema. L’entrata era segnalata da un grande cartello e da pesanti colonne che arricchivano il monumentale ingresso. Qualche albero qua e là che ricordasse gli antichi boschi ormai caduti e una fontanella triste che sbuffava ogni tanto gocce e riflessi argentei. L’Ufficio Dei Non era stato aperto ormai tanti anni fa, quando la fretta, l’assenza di coraggio e la superficialità avevano preso possesso nel cuore degli uomini, mutando quelli che erano stati un tempo gloriosi  “sì” in tanti noiosi “forse un giorno”, “magari non adesso” e “facciamo un'altra volta”. Tutti questi “forse” mutavano inevitabilmente spesso e volentieri in diversi “non”. 
Quando allora qualcosa diventava ufficialmente un “non”, era necessario recarsi presso il già citato ufficio a registrarsi, mica si poteva fare confusione. Era la regola. E le regole si devono seguire.
“Numero quaranta avanti. Buongiorno come posso esserle utile?”. 
L’impiegata alla reception era Matrimonio Non Felice. Indossava ancora il velo con tanto di coroncina ma i fiori del bouquet giacevano appassiti ormai da anni.
“Si buongiorno, salve, sono un Bacio Non Dato. Dove devo recarmi?".
Ancora arrossiva ogni volta che aveva a che fare con un essere di sesso femminile.
“Sezione Amori Problematici. Prosegua lungo il corridoio, c’è una sala d’attesa. Ecco, prenda il numero e compili il modulo, quando arriva il suo turno la chiameranno loro”.
Matrimonio Non Felice allungò dolcemente i documenti a Bacio Non Dato, sospirando malinconicamente tra sé di come potesse essere possibile sprecare così dell’affetto di buona qualità.
Bacio Non Dato attraversò il corridoio e prese posto su una delle seggioline della sala d’attesa. Sul tavolino bianco sistemato simmetricamente nell’angolo troneggiavano pile di riviste lucide e colme di pettegolezzi. Un buon sistema per ingannare il tempo e spegnere la mente. 
Nella sala d’attesa con lui vi erano altri tre personaggi. 
Uno strano individuo che odorava di sigarette bruciate e nostalgia. Una graziosa fanciulla con la treccia e troppe preoccupazioni. Un elegante signore in giacca e cravatta senza scarpe.
Bacio Non Dato osservava i Non attorno a lui e si chiedeva chi mai potessero essere.
In quale sezione dell’U.D.N dovevano recarsi? Per quale motivo poi?
Lui si ricordava bene il momento in cui era nato Non.  Storia recente, era passato solo qualche giorno. 
Era successo alla fermata del bus.

Lei lo guardava sorridente nel suo vestito di cotone azzurro, gli occhi piene di promesse da realizzare e la speranza di avere la conferma di ciò che l’avrebbe resa davvero felice. 
Erano amici da tanto tempo, così tanto che ormai più nessuno intorno a loro sperava in un mutamento del rapporto. Ma quella sera era primavera, tutto odorava di rinascita e ottimismo. Perfino la squallida fermata dell’autobus si tingeva di colori nuovi. 
Lei aveva aspettato il momento giusto, quell'attimo preciso in cui ci si deve salutare e si ha giusto il tempo di dichiarare sentimenti inconfessabili.
“Sta per arrivare l’autobus. È meglio che vada…” lui disse.
“Aspetta…Devo dirti una cosa importante…” lei rispose.
“Cosa?” finse di chiedere.
“Beh ecco…io…” si avvicinò in punta di piedi come un ladro esperto. 
Lui si ritrasse come un esperto vigliacco.
“Volevo dirti che…” le punte delle scarpe toccarono quelle di lui, che rigido come una paura non muoveva un muscolo. 
“Volevo dirti che….” socchiuse gli occhi, capendo dal linguaggio del corpo del suo vecchio amico quanto anche lui desiderasse baciarla.
“Arriva il tuo autobus. Ti chiamo io”.
Lei rimane immobile sul ciglio della strada, non percependo altro che il suono della delusione. Lui cammina verso casa maledicendo se stesso e tutto ciò che al mondo respira. 
Bacio Non Dato appoggia l’invisibile mano sulla spalla infreddolita di lei, che dopo poco sale sull'autobus e se ne va.

I compagni di attesa di Bacio Non Dato sfogliavano controvoglia giornali e volantini pubblicitari. Per ingannare il tempo, per fare finta di non essere lì.
“Puoi passarmi quella rivista per favore?” la fanciulla con la treccia indicò un patinato accumulo di gossip sulla sedia affianco a Bacio Non Dato. Lui gliela allungò e le sorrise.
“Piacere, Bacio Non Dato”. La mano si protese svelta a cercare quella esile di lei.
“Parole Non Dette. Piacere mio” e sorrise di risposta. Ricordava la brina mattutina, lieve e delicata.
“Come mai sei qui?” Bacio Non Dato chiese.
“Oh…lunga storia. Sai, io non sono sempre stata un Non. Non è come per voi baci, voi o esistete da subito o diventate subito dei Non…per noi parole non è così. Io sono diventata un Non quando nella mia casa le persone hanno cominciato a non dirsi più cosa importava davvero” la fanciulla lo guardava mogia, come un bambino al quale hanno negato le caramelle il giorno della Befana.
“Sai…per noi parole la comunicazione e la sincerità sono come ossigeno. Se vengono a mancare quelle, non siamo più nulla. Io sono diventata un Non il giorno di Natale”. 
Si rannicchiò sulla sedia guardandolo fisso, giocherellando con la treccia che faceva capolino dalla spalla.
“Era il pranzo di Natale. C’era la televisione accesa. Nessuno si parlava più. Troppe discussioni, troppe incomprensioni…per le parole e le confidenze di un tempo non c’era più spazio. Sono rimasta in casa fino all'arrivo della primavera, sperando che le cose cambiassero…ma se il cuore s’indurisce è difficile trovare rimedio. 
Così eccomi qui, credo sia ufficiale. 
Mi devo proprio registrare”.
Bacio Non Dato la guardava perplesso, non si era mai chiesto cosa fossero gli altri Non prima di diventare tali. Venne fuori interrogando più o meno discretamente gli altri, che l’uomo in giacca e cravatta era Sogno Non Realizzato, che da sempre avrebbe voluto fare il naturalista ma gli era toccata la carriera da banchiere perché così dettava il regolamento famigliare. L’unica libertà che Sogno Non Realizzato si prendeva ogni tanto era camminare a piedi nudi nel giardino pubblico vicino all’ufficio, per credere almeno un secondo che sotto di lui potessero nascere infinite distese verdi e rigogliose. Doveva consegnare i moduli alla sezione Coraggio Limitato. 
L’individuo che odorava di tabacco bruciacchiato era invece Padre Non Presente, troppo occupato a vivere di espedienti ed emozioni forti per rendersi conto che il figlio era arrivato ai suoi trent'anni senza nemmeno sapere che volto avesse colui che l’aveva generato. 
Per lui c’era la modulistica alla sezione Affetto negato.
Sulle pareti della sala d’attesa erano appese locandine di gruppi di supporto per tutte le tipologie di Non. Alla macchinetta del caffè potevi trovare biscotti ipercalorici stracolmi di cioccolato, portatore sano di un’endorfina che comunque lì dentro non pareva servire.
“No. Così non ci sto” pensò Bacio Non Dato.
“Parole Non Dette vieni con me. Ce ne andiamo da qui” tese la mano alla fanciulla che sbalordita lo osservava sgranando i grandi occhi verdi. 
“Ce ne andiamo? Ma bisogna registrarsi!” replicò.
“No, non ci registriamo affatto. Torniamo ad essere Sì. Ti va?”
Agitò la mano, per attirare l’attenzione, per smuoverla, per avere un consenso.
Lei non accennava movimenti, così lui la trascinò fuori da quella sala a forza. Non era un gesto elegante, ma poco importava.
Si fece indicare da Parole Non Dette l’indirizzo della casa dove aveva vissuto fino a quel momento ed entrò insieme a lei, costringendola a prendere posto in mezzo alla famiglia, su un logoro divano che ben dipingeva la situazione all’interno di quelle mura.
“E adesso? Non vedi che qui le parole non hanno più motivo di esistere?” la fanciulla scocciata disse a Bacio Non Dato. Si cinse i fianchi con le mani e attese la magica risposta che avrebbe dovuto convincerla a rimanere.
“Tu avrai sempre motivo di esistere” lui le rispose.
“Cosa? Ma sei cieco?”. Uno sbuffo lungo un minuto.
“Se tu te ne vai davvero, qui non ci sarà più speranza. Rimani. Anche quando ti sembrerà che tutto sta andando a rotoli, che le parole in questa casa hanno la stessa importanza dell’intervallo della partita.  Rimani. Perché se vai via qui nessuno userà più le parole”.
La fanciulla sedeva scomoda e invisibile in mezzo alla coppia stanca che da anni accendeva e spegneva la pesante televisione con il solo movimento del pollice sul pulsante. Lei sedeva e li guardava avvilita, ricordandosi bene di come andavano le cose una volta. Con una mano toccò il braccio di lei, con l’altra quello di lui. E all'improvviso….
“Oggi ho fatto la spesa. Ho comprato lo yogurt che piace a te. Se vuoi è in frigo” – “Grazie. Sei stato gentile”.
Parole Non Dette sorrise in silenzio. Guardò Bacio Non dato e gli sussurrò tra la stanza e la fretta, “Corri”.

Bacio Non Dato uscì di casa correndo come un colpevole alla vista della polizia. Superò il parco comunale, il mercato, la via principale stracolma di inutili negozi, il museo, la piazza. 
Correva verso una squallida fermata dell’autobus dove una coppia di finti sconosciuti si recava ogni giorno per andare a scuola.
Uno, due, mille ragazzi da schivare, zaini bombati di buoni propositi da evitare, cellulari fastidiosi da volere rompere. Sbuffando e ansimando giunse finalmente a loro.
Lei chiacchierava con le amiche facendo uscire le parole e tenendo a freno il battito del cuore, lui parlava con il cuore stesso chiedendogli di smettere. “Ma guarda cosa mi tocca fare…” pensò un saggio Bacio Non Dato.
Si avvicinò all’orecchio del ragazzo. Con una mano gli teneva stretta la spalla, con l’altra smuoveva l’aria intorno preso dall’agitazione.
“Se non la baci adesso te ne pentirai per il resto della vita. Se non la baci adesso mi condanni ad essere un Non. E se io divento un Non per sempre tu diventerai un Uomo Non Felice. Perché se non la baci, se non le dici che con quel vestito azzurro è la cosa più bella che tu abbia mai visto…beh, io devo andarmi a registrare per davvero...e tutto per colpa di un idiota.”
Mollò la presa e attese.

Uno, due, mille ragazzi da schivare, zaini bombati di buoni propositi da evitare, cellulari fastidiosi da volere rompere. Sbuffando e ansimando giunse finalmente a lei.
“Cosa vuoi?”. Acida. Dura. Innamorata.
“….Te”


“Ehi amico…Ben fatto…”
“Chi sei tu scusa?”
“Io? Io sono Vita Non Vissuta. Stavo con il nostro eroe…”
“Apperò, pezzo grosso insomma. Mi devi dire qualcosa?”
“Si. Grazie mille. Mi hai risparmiato un giro all’U.D.N”
“Oh beh figurati…A Buon rendere.”





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