L’Ufficio Dei Non (U.D.N) si trovava tra l’ospedale e la vecchia
ferrovia, subito dopo l’incrocio che portava al centro commerciale. Era una
palazzina elegante, tinteggiata di fresco di un pacifico color crema. L’entrata
era segnalata da un grande cartello e da pesanti colonne che arricchivano il
monumentale ingresso. Qualche albero qua e là che ricordasse gli antichi boschi
ormai caduti e una fontanella triste che sbuffava ogni tanto gocce e riflessi
argentei. L’Ufficio Dei Non era stato
aperto ormai tanti anni fa, quando la fretta, l’assenza di coraggio e la
superficialità avevano preso possesso nel cuore degli uomini, mutando quelli
che erano stati un tempo gloriosi “sì” in
tanti noiosi “forse un giorno”, “magari non adesso” e “facciamo un'altra volta”. Tutti questi “forse” mutavano inevitabilmente spesso e volentieri in diversi “non”.
Quando allora qualcosa diventava ufficialmente un “non”, era necessario recarsi
presso il già citato ufficio a registrarsi, mica si poteva fare confusione. Era
la regola. E le regole si devono seguire.
“Numero quaranta avanti. Buongiorno come posso esserle utile?”.
L’impiegata
alla reception era Matrimonio Non Felice. Indossava ancora il velo con tanto
di coroncina ma i fiori del bouquet giacevano appassiti ormai da anni.
“Si
buongiorno, salve, sono un Bacio Non Dato. Dove devo recarmi?".
Ancora
arrossiva ogni volta che aveva a che fare con un essere di sesso femminile.
“Sezione
Amori Problematici. Prosegua lungo il corridoio, c’è una sala d’attesa. Ecco,
prenda il numero e compili il modulo, quando arriva il suo turno la chiameranno
loro”.
Matrimonio Non Felice allungò dolcemente i documenti a Bacio Non Dato,
sospirando malinconicamente tra sé di come potesse essere possibile sprecare
così dell’affetto di buona qualità.
Bacio Non
Dato attraversò il corridoio e prese posto su una delle seggioline della sala d’attesa.
Sul tavolino bianco sistemato simmetricamente nell’angolo troneggiavano pile di
riviste lucide e colme di pettegolezzi. Un buon sistema per ingannare il tempo
e spegnere la mente.
Nella sala d’attesa con lui vi erano altri tre personaggi.
Uno strano individuo che odorava di sigarette bruciate e nostalgia. Una
graziosa fanciulla con la treccia e troppe preoccupazioni. Un elegante signore
in giacca e cravatta senza scarpe.
Bacio Non
Dato osservava i Non attorno a lui e si chiedeva chi mai potessero essere.
In
quale sezione dell’U.D.N dovevano recarsi? Per quale motivo poi?
Lui si
ricordava bene il momento in cui era nato Non. Storia recente, era passato solo qualche
giorno.
Era successo alla fermata del bus.
Lei lo guardava
sorridente nel suo vestito di cotone azzurro, gli occhi piene di promesse da
realizzare e la speranza di avere la conferma di ciò che l’avrebbe resa davvero
felice.
Erano amici da tanto tempo, così tanto che ormai più nessuno intorno a
loro sperava in un mutamento del rapporto. Ma quella sera era primavera, tutto
odorava di rinascita e ottimismo. Perfino la squallida fermata dell’autobus si
tingeva di colori nuovi.
Lei aveva aspettato il momento giusto, quell'attimo
preciso in cui ci si deve salutare e si ha giusto il tempo di dichiarare
sentimenti inconfessabili.
“Sta per
arrivare l’autobus. È meglio che vada…” lui disse.
“Aspetta…Devo
dirti una cosa importante…” lei rispose.
“Cosa?”
finse di chiedere.
“Beh ecco…io…”
si avvicinò in punta di piedi come un ladro esperto.
Lui si ritrasse come un
esperto vigliacco.
“Volevo
dirti che…” le punte delle scarpe toccarono quelle di lui, che rigido come una
paura non muoveva un muscolo.
“Volevo dirti che….” socchiuse gli occhi, capendo
dal linguaggio del corpo del suo vecchio amico quanto anche lui desiderasse baciarla.
“Arriva il
tuo autobus. Ti chiamo io”.
Lei rimane
immobile sul ciglio della strada, non percependo altro che il suono della
delusione. Lui cammina verso casa maledicendo se stesso e tutto ciò che al
mondo respira.
Bacio Non Dato appoggia l’invisibile mano sulla spalla
infreddolita di lei, che dopo poco sale sull'autobus e se ne va.
I compagni
di attesa di Bacio Non Dato sfogliavano controvoglia giornali e volantini pubblicitari. Per ingannare
il tempo, per fare finta di non essere lì.
“Puoi
passarmi quella rivista per favore?” la fanciulla con la treccia indicò un patinato
accumulo di gossip sulla sedia affianco a Bacio Non Dato. Lui gliela allungò e
le sorrise.
“Piacere,
Bacio Non Dato”. La mano si protese svelta a cercare quella esile di lei.
“Parole Non
Dette. Piacere mio” e sorrise di risposta. Ricordava la brina mattutina, lieve
e delicata.
“Come mai
sei qui?” Bacio Non Dato chiese.
“Oh…lunga
storia. Sai, io non sono sempre stata un Non. Non è come per voi baci, voi o
esistete da subito o diventate subito dei Non…per noi parole non è così. Io
sono diventata un Non quando nella mia casa le persone hanno cominciato a non dirsi
più cosa importava davvero” la fanciulla lo guardava mogia, come un bambino al
quale hanno negato le caramelle il giorno della Befana.
“Sai…per noi
parole la comunicazione e la sincerità sono come ossigeno. Se vengono a mancare
quelle, non siamo più nulla. Io sono diventata un Non il giorno di Natale”.
Si
rannicchiò sulla sedia guardandolo fisso, giocherellando con la treccia che
faceva capolino dalla spalla.
“Era il
pranzo di Natale. C’era la televisione accesa. Nessuno si parlava più. Troppe discussioni,
troppe incomprensioni…per le parole e le confidenze di un tempo non c’era più
spazio. Sono rimasta in casa fino all'arrivo della primavera, sperando che le
cose cambiassero…ma se il cuore s’indurisce è difficile trovare rimedio.
Così
eccomi qui, credo sia ufficiale.
Mi devo proprio registrare”.
Bacio Non
Dato la guardava perplesso, non si era mai chiesto cosa fossero gli altri Non
prima di diventare tali. Venne fuori interrogando più o meno discretamente gli
altri, che l’uomo in giacca e cravatta era Sogno Non Realizzato, che da sempre
avrebbe voluto fare il naturalista ma gli era toccata la carriera da banchiere perché
così dettava il regolamento famigliare. L’unica libertà che Sogno Non
Realizzato si prendeva ogni tanto era camminare a piedi nudi nel giardino
pubblico vicino all’ufficio, per credere almeno un secondo che sotto di lui
potessero nascere infinite distese verdi e rigogliose. Doveva consegnare i
moduli alla sezione Coraggio Limitato.
L’individuo che odorava di tabacco bruciacchiato
era invece Padre Non Presente, troppo occupato a vivere di espedienti ed
emozioni forti per rendersi conto che il figlio era arrivato ai suoi trent'anni
senza nemmeno sapere che volto avesse colui che l’aveva generato.
Per lui c’era
la modulistica alla sezione Affetto negato.
Sulle pareti
della sala d’attesa erano appese locandine di gruppi di supporto per tutte le
tipologie di Non. Alla macchinetta del caffè potevi trovare biscotti
ipercalorici stracolmi di cioccolato, portatore sano di un’endorfina che
comunque lì dentro non pareva servire.
“No. Così non ci sto” pensò Bacio Non Dato.
“Parole Non
Dette vieni con me. Ce ne andiamo da qui” tese la mano alla fanciulla che
sbalordita lo osservava sgranando i grandi occhi verdi.
“Ce ne andiamo? Ma
bisogna registrarsi!” replicò.
“No, non ci
registriamo affatto. Torniamo ad essere Sì. Ti va?”
Agitò la mano, per
attirare l’attenzione, per smuoverla, per avere un consenso.
Lei non
accennava movimenti, così lui la trascinò fuori da quella sala a forza. Non era
un gesto elegante, ma poco importava.
Si fece
indicare da Parole Non Dette l’indirizzo della casa dove aveva vissuto fino a
quel momento ed entrò insieme a lei, costringendola a prendere posto in mezzo
alla famiglia, su un logoro divano che ben dipingeva la situazione all’interno
di quelle mura.
“E adesso?
Non vedi che qui le parole non hanno più motivo di esistere?” la fanciulla
scocciata disse a Bacio Non Dato. Si cinse i fianchi con le mani e attese la
magica risposta che avrebbe dovuto convincerla a rimanere.
“Tu avrai
sempre motivo di esistere” lui le rispose.
“Cosa? Ma sei
cieco?”. Uno sbuffo lungo un minuto.
“Se tu te ne
vai davvero, qui non ci sarà più speranza. Rimani. Anche quando ti sembrerà che
tutto sta andando a rotoli, che le parole in questa casa hanno la stessa
importanza dell’intervallo della partita.
Rimani. Perché se vai via qui nessuno userà più le parole”.
La fanciulla
sedeva scomoda e invisibile in mezzo alla coppia stanca che da anni accendeva e
spegneva la pesante televisione con il solo movimento del pollice sul pulsante.
Lei sedeva e li guardava avvilita, ricordandosi bene di come andavano le cose una volta. Con una mano toccò il braccio di lei, con l’altra quello di
lui. E all'improvviso….
“Oggi ho
fatto la spesa. Ho comprato lo yogurt che piace a te. Se vuoi è in frigo” – “Grazie.
Sei stato gentile”.
Parole Non
Dette sorrise in silenzio. Guardò Bacio Non dato e gli sussurrò tra la stanza e
la fretta, “Corri”.
Bacio Non
Dato uscì di casa correndo come un colpevole alla vista della polizia. Superò il
parco comunale, il mercato, la via principale stracolma di inutili negozi, il
museo, la piazza.
Correva verso una squallida fermata dell’autobus dove una
coppia di finti sconosciuti si recava ogni giorno per andare a scuola.
Uno, due,
mille ragazzi da schivare, zaini bombati di buoni propositi da evitare, cellulari
fastidiosi da volere rompere. Sbuffando e ansimando giunse finalmente a loro.
Lei chiacchierava
con le amiche facendo uscire le parole e tenendo a freno il battito del cuore,
lui parlava con il cuore stesso chiedendogli di smettere. “Ma guarda cosa mi
tocca fare…” pensò un saggio Bacio Non Dato.
Si avvicinò
all’orecchio del ragazzo. Con una mano gli teneva stretta la spalla, con l’altra
smuoveva l’aria intorno preso dall’agitazione.
“Se non la
baci adesso te ne pentirai per il resto della vita. Se non la baci adesso mi
condanni ad essere un Non. E se io divento un Non per sempre tu diventerai un
Uomo Non Felice. Perché se non la baci, se non le dici che con quel vestito
azzurro è la cosa più bella che tu abbia mai visto…beh, io devo andarmi a
registrare per davvero...e tutto per colpa di un idiota.”
Mollò
la presa e attese.
Uno, due,
mille ragazzi da schivare, zaini bombati di buoni propositi da evitare, cellulari
fastidiosi da volere rompere. Sbuffando e ansimando giunse finalmente a lei.
“Cosa vuoi?”.
Acida. Dura. Innamorata.
“….Te”
“Ehi amico…Ben
fatto…”
“Chi sei tu
scusa?”
“Io? Io sono
Vita Non Vissuta. Stavo con il nostro eroe…”
“Apperò,
pezzo grosso insomma. Mi devi dire qualcosa?”
“Si. Grazie
mille. Mi hai risparmiato un giro all’U.D.N”
“Oh beh
figurati…A Buon rendere.”
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