mercoledì 30 ottobre 2013

Bobby il sopportatore.

Il Sig. Forrester era un Sopportatore.
Attenzione, non parliamo di una persona dal carattere pacato e nobile pronto a sopportare il male del mondo senza battere ciglio, parliamo di un Sopportatore professionista.
Lui era un Sopportatore per lavoro.
Aveva cominciato l’attività sin da ragazzino, quando la nonna se lo trascinava dietro durante i fine settimana, responsabile per lui nell’assenza dei genitori, troppo impegnati ad essere superficiali ed egoisti per concepire di portarsi il figlio alla casa al mare, piena di alcolici pregiati e serate dal sapore snob.
La nonna era dolce, buona, lo stringeva quando l’uomo nera si materializzava sotto il letto e la febbre saliva. La nonna era una grande nonna, oh certo…ma aveva sempre un sacco di “commissioni” da sbrigare. Neanche a dirlo, le commissioni delle nonne sono sempre una grande seccatura. C’è da ritirare la pensione dopo ore di interminabili code, c’è da interrogare l’ortofrutta sulla qualità delle cipolle magari non badando al temporale (non c’era verso di convincerla ad avvicinarsi ad un supermercato, non era “di qualità”…vero nonna, ma almeno è al chiuso), c’è da prendere il the al circolo, una stanza dall’arredamento antiquato che odora di naftalina. Bobby Forrester  era sempre lì, accanto alla nonna, a sopportare per amore, senza aprire bocca, nemmeno quando un gruppo di profumate settantenni si avvicinava avido alle sue guance. Lui sopportava. Perché lo faceva sentire un bambino giudizioso e disponibile, pronto a sacrificare il suo tempo per qualcosa che avrebbe reso contenta la nonna.
Così era nata la sua carriera.