Il Sig. Forrester era
un Sopportatore.
Attenzione, non
parliamo di una persona dal carattere pacato e nobile pronto a sopportare il
male del mondo senza battere ciglio, parliamo di un Sopportatore
professionista.
Lui era un
Sopportatore per lavoro.
Aveva cominciato l’attività
sin da ragazzino, quando la nonna se lo trascinava dietro durante i fine
settimana, responsabile per lui nell’assenza dei genitori, troppo impegnati ad
essere superficiali ed egoisti per concepire di portarsi il figlio alla casa al
mare, piena di alcolici pregiati e serate dal sapore snob.
La nonna era dolce,
buona, lo stringeva quando l’uomo nera si materializzava sotto il letto e la
febbre saliva. La nonna era una grande nonna, oh certo…ma aveva sempre un sacco
di “commissioni” da sbrigare. Neanche a dirlo, le commissioni delle nonne sono
sempre una grande seccatura. C’è da ritirare la pensione dopo ore di
interminabili code, c’è da interrogare l’ortofrutta sulla qualità delle cipolle
magari non badando al temporale (non c’era verso di convincerla ad avvicinarsi
ad un supermercato, non era “di qualità”…vero nonna, ma almeno è al chiuso), c’è
da prendere il the al circolo, una stanza dall’arredamento antiquato che odora
di naftalina. Bobby Forrester era sempre
lì, accanto alla nonna, a sopportare per amore, senza aprire bocca, nemmeno
quando un gruppo di profumate settantenni si avvicinava avido alle sue guance.
Lui sopportava. Perché lo faceva sentire un bambino giudizioso e disponibile, pronto
a sacrificare il suo tempo per qualcosa che avrebbe reso contenta la nonna.
Così era nata la sua
carriera.