martedì 28 luglio 2015

Arriva l'aeroplano!

"Apri la bocca Amy...Arriva l'areoplano!"

Amy era giá in grado di usare il cucchiaio da sola, ci riusciva anche bene, ma il suo impegno richiedeva tempo che ora non avevano. Hannah camuffava la preoccupazione e un pesante cerchio alla testa dietro i ruomori di un immaginario aeroplanino che trasportava omogenizzato alla frutta.
Dovevano sbrigarsi se volevano prendere la metropolitana prima dell'ora di punta, quando New York andava al lavoro indossando completi scuri e cravatte colorate che facessero dimenticare le ore extra passate alla scrivania.

"Dai Amy l'ultimo carico dell'areoplano!"


Il vasetto era ora vuoto e il piccolo stomaco di Amy pieno, il che voleva dire sonnolenza, il che voleva dire che Hannah avrebbe potuto portarla in braccio come un piccolo sacco di patate che non oppone resistenza. Una semplice reazione a catena che quel giorno di metropolitane e parole sarebbe tornata utile.
Uscirono di casa mandando un veloce saluto al gatto a cui poco interessava di dove sarebbero andate, a patto che fossero tornate in tempo per riempire la ciotola di croccantini giá assurdamente colma.
Hannah si diresse veloce verso la fermata della metropolitana, controllando mentalmente se avesse tutto con sé prima di arrivare in ufficio.

Figlia: ce l'ho.
Chiavi: ce le ho.
Tessera della metro: ce l'ho.
Documenti per il divorzio: ce li ho.

New York rispledeva ancora della leggerezza dell'estate, dipingendo il cielo di un azzurro irreale e sollevando irrispettose gonnelline a pieghe...Ma di quell'estate prolungata in quel giorno di settembre Hannah non sentiva nulla se non la tenace fitta allo stomaco che aveva accompagnato ogni singola notte da quando suo marito se ne era andato.

Si erano conosciuti da ragazzi, quando lei voleva diventare psicologa e lui un documentarista...si erano lasciati da adulti, quando lei non ricordava piú come si diventa qualcosa e lui aveva abbandonato la natura per fare carriera nelle assicurazioni.
Si erano amati, vissuti, consumati, fino a che del loro matrimonio era rimasto solo un album di fotografie vicino al televisore. Amy era arrivata che giá la vita scricchiolava come un vecchio pavimento, Hannah era rimasta incinta probabilemente una delle ultime volte che avevano provato a fare, magari non l'amore, ma almeno l'affetto. Il giorno che l'odore del caffé la fece correre in bagno a vomitare fu il giorno che il test di gravidanza divenne positivo...Fu anche il giorno che entrambi capirono che quel bambino ancora grande solo come un pensiero non sarebbe mai servito loro da collante.
Richard era un ottimo padre, adorava Amy e quando la stringeve tra le braccia non c'erano né carte da firmare né avvocati, solo l'amore incondizionato che un genitore dovrebbe essere sempre in grado di dare.  Avevano provato a vivere sotto lo stesso tetto per un po', per evitare traslochi e tristezza si erano detti, ma in breve tempo era diventato chiaro che quella strana e innaturale situazione prolungava solamente il dolore di avere tra le mani un cristallo rotto.
Richard se ne era andato in via definitiva quando Amy aveva compiuto due anni, trovando casa non troppo distante, in modo da poter essere il piú presente possibile per quella bambina che rubava le fragole dal frigorifero e tirava la coda del gatto quando la mamma non guardava.

Hannah passó i cancelli della metropolitana schivando anziane signore e venditori ambulanti, cercando sempre di tenere aperti i mille occhi che una madre sa di dovere avere.
Le porte si aprono, la gente si accalca, l'aria manca.
Hannah trovó un posto per potersi sedere, appoggiando la testolina addormentata di Amy sulla spalla. Ma come fanno i bambini ad addormentarsi ovunque? Lei nemmeno se la ricordava l'ultima volta che aveva dormito cosí tranquilla, c'era sempre qualche fantasma accanto al letto che la osservava sghignazzando. Negli ultimi tempi aveva preso la pessima abitudine di portarsi Amy nel letto, per avere un corpo amato da raggiungere con la mano e un buon profumo da trovare sui cuscini la mattina. Inventava scuse, diceva che era la bambina a sentire la mancanza del padre, ma in realtá era lei che aveva bisogno dei sogni al ciccolato e marzapane della piccola Amy.

La metropolitana correva veloce come un cavallo dall'aspetto bizzarro, tagliando il suolo a metá, portando i newyorkesi da una parta all'altra della cittá per poi lasciarceli fino a nuovo ordine.
Era arrivato il momento di scendere, preparandosi per affrontare la quotidiana battaglia di semafori rossi e marciapiedi fitti di persone.
Amy si era svegliata, il dondolare del vagone era svanito ed ora c'era solo il caos.

"Dove andiamo mamma?"
"Andiamo all'ufficio di papá amore"
"C'é la giraffa oggi?"
"Non lo so Amy, adesso quando vediamo papá glielo chiediamo"

L'ufficio di Richard disponeva di un piccolo ma carinissimo asilo per i figli dei dipendenti. L'ultima volta che Hannah aveva portato Amy dal padre ce l'aveva lasciata solo il tempo di trattare di amare procedure e quando era andata per riprenderla l'aveva trovata aggrappata ad un grande pupazzo a forma di giraffa che aveva preso residenza nell'angolo della sala. C'erano volute due barette al miele per convincerla a smettere di piangere quando aveva scoperto che non solo non poteva portarsi la giraffa gigante a casa, ma che non avrebbe potuto neanche rimanere lí a giocarci un altro po'.

Hannah entró nell'enorme palazzo, domandandosi sempre quanto impegno ci voleva per pulire tutto quel vetro. Il braccio doleva, Amy era piccina, ma abbastanza pesanta da dare alla circolazione sanguigna della madre discrete noie. Lasció Amy zampettare allegramente nell'atrio mentre aspettavano uno dei tanti ascensori. Richard aveva sempre avuto una coraggiosa passione per le altezze, sfidando i trampolini piú alti delle piscine e ignirando i brividi in cima alle vette piú sperdute...ce l'aveva finalmente fatta, aveva ottenuto promozioni e gloria, promozioni e gloria significano maestosi grattacieli e uffici con muri di vetro per potere osservare il mondo dei comuni mortali che mangiano hot dog e mettono su peso.
Amy tentava invano di premere tutti i tasti dell'ascensore, suscitando sorrisi tra tutti i presenti. Hannah era abituata a quel piccolo show, ma doveva proprio ammetterlo, sua figlia era un amore. Indossava un vestitino blu con le calze a strisce rosse e bianche, un piccolo gondoliere con gli occhi azzurri di magia e curiositá.
Arrivarono al piano. La porta si aprí. Richard si trovava proprio davanti a loro, intento a dibattere con una collega se la tale opzione per tale cliente fosse fattibile oppure no. Indossava un completo grigio scuro che lo rendeva ancora piú affascinante di quanto giá non fosse la mattina con adosso solo la vestaglia e la barba ancora da fare. Hannah si chiese ancora una volta se la decisione presa fosse quella giusta, se davvero in quel letto non ci fosse piú spazio per lui e se la sua vita sarebbe potuta andare avanti felicemente anche solo con Amy addormentata al suo fianco.

"Papá!"

Amy si gettó goffa e sorridente tra le braccia del padre, pronto ad acchiapparla come si farebbe con un paffuto proiettile.

"Andiamo a prendere la giraffa!"
"Ma certo che andiamo a prendere la giraffa! Va bene alla mamma se ci andiamo?"
Richard pronunció quella frase guardando Hannah, sorridendo di sbieco come un sornione attore del cinema. Hannah lo odió, e poi lo amó un po'di nuovo. Come si fa con il caldo eccessivo le sere d'estate.
"Certo che va bene..."

Chiesero il permesso alla maestra di spostare la giraffa nell'ufficio di Richard, Amy voleva la giraffa ma anche la poltrona che il padre teneva vicino al mini frigorifero. La giraffa era piú facile da spostare.

"Ti ho portato le carte..."
"Non c'era tutta questa fretta, ti avevo detto che potevi fare con calma, pensavo passassi solo per organizzare il weekend..."
"Richard basta. Davvero. Siamo di fretta, non le voglio piú avere attorno..."
Hannah si prese la libertá che le ex-mogli ancora esigono di avere e si versó un caffé, abbondando in latte e zucchero. Amy parlava con al giraffa.
"Senti per questo weekend, quando passi a prendere Amy? Tua madre mi ha chiamato, ha detto che vorrebbe la portassimo da lei qualche giorno...se ce la porti me lo dici prima che ti preparo la borsa con qualche cambio in piú". Quel caffé era orrendo. O forse lo era la falsitá nell'aria.
"Si si te lo faccio sapere...magari passo piú tardi, devo andare dal dentista assolutamente, credo di avere un nervo a puttane e mi fa malissimo"
"Linguaggio Richard. C'é Amy"
"Scusa"

Era una bellissima giornata...era un peccato doverla sprecare a far finta che fosse una bellissima giornata.
"Facciamo cosí, tu prendi prima appuntamento dal dentista, poi mi dici quando passi a prendere Amy"
Hannah era spazientita, non perché Richard stesse facendo o dicendo qualcosa di sbagliato, ma soltanto perché non aveva voglia di sentirsi in un altro modo.
"Non voglio crearti problemi davvero, ti avevo detto sabato mattina e faró in modo di passare sabato mattina. Oggi é l'11, se sposto di un'ora il mio appuntamento del 13 pomeriggio dovrei fare in tempo..."
"Richard in tutta onestá non mi interessa sapere quando vai dal dentista, ho solo bisogno di sapere a che ora passi a prendere tua figlia e se vai al lago da tua madre per mettere i cambi di riserva..."
"Ti stavo venendo in contro Hannah, non ti agitare"
Hannah batteva il piede al tempo di una musica invisibile, trattenendo le lacrime che ormai versava senza motivo, cosí, perché essere adulti e complicati é faticoso. E lei non poteva aggiustare tutto parlando con una giraffa di peluche.

"Hannah dai non litighiamo, sul serio..."

Amy ladra di fragole interruppe il silenzio che stava urlando nella testa di Hannah.

"Mamma, l'aereo"
"No amore stai buona, hai mangiato prima..."

"No mamma. Arriva l'aereo"

E l'aereo arrivó.

Su New York e sulle fragole.

3 commenti:

  1. Storia triste con finale ancora piú triste. Riflessioni sul senso delle catastrofi nella vita oppure eri solo triste tu quando l'hai scritta?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ero depressa io. Nessuna riflessione. Dovevo esorcizzare demoni personali. La scrittura da questo potere immenso di trasformare in storie quello che invece é solo vero.

      Elimina
    2. Immaginavo, in realtá cercavo solo conferma. Dovresti scrivere piú spesso, é bello leggerti le emozioni, anche quando sono tristi.

      Elimina